Compagnia
Torino Spettacoli
Giuseppe Erba
nella pancia della balena
di Germana Erba e Irene Mesturino
1. Prologo!
(PEZZO REGISTRATO
GERMANA E NIPOTINO):
“Giuseppe Erba… Erba come il Teatro?
A interrogarmi è uno dei miei terribili nipotini… “Sì,
il teatro l’ha creato lui”
“Chi era?”
“Era il mio papà”
“E come è finito nella pancia di una balena?”
La domanda è legittima, penso. “E’ una lunga
storia…”
“Raccontamela, nonna, dài”
(ANGIONE
CONDUTTORE, DAL VIVO:)
Raccontare di Giuseppe Erba è piuttosto naturale. Si parla
facilmente delle cose divertenti o sorprendenti. Noi di cose curiose
ne sappiamo tante. Chi siamo? Figlia, genero, nipoti, amici, operatori
del teatro e del cinema, giornalisti, critici e artisti… E’
sorprendente quanto la figura di Erba sia attuale. Forse perché
la sua intraprendenza sarebbe di nuovo utilissima, fors’anche
perché alcuni succosi frutti della sua creativa tenacia sono
sotto gli occhi di tutti: il Teatro Regio, l’Alfieri, l’Erba,
che egli costruì o contribuì a ricostruire dal Dopoguerra
in poi…
Ma andiamo con disordinato entusiasmo.
(BARBI
CONDUTTORE, DAL VIVO)
Erba s’invaghì dei panorami mozzafiato di acque setose
e luci infinite e creò in Costa Azzurra… una fabbrica
di grissini. Sì, avete sentito bene, di grissini! La leggenda
racconta che a essere chiamati coi cognomi ispirati a fiori e piante
fossero gli orfanelli, cuccioletti battezzati “Fiore”
o, perché no?, “Erba”…
Che nonno può essere un dongiovanni impenitente, un uomo
capace di comprare una balena -vera- e di farne un’attrazione
in tutte le piazze d’Italia? o di creare un teatro tenda da
giro che poi, di fatto, non gira. Non gira? No problem, può
essere utile altrove… che so? al Cairo!
(ANGIONE
CONDUTTORE, DAL VIVO:)
Parlare di lui vuol dire parlare della ricostruzione dopo il secondo
grande conflitto, vuol dire parlare di una persona che sapeva ridere
davanti ai pagliacci del circo, emozionarsi ascoltando Verdi, portare
l’Ente pubblico al pareggio, partire e raggiungere i 2000
metri in auto per poi concedersi un pic nic, con rigorose posate
d’argento, però…
Riportare alla luce La figura di Giuseppe Erba e’ un pretesto
nobile per stilare godibili cronache mondane e ricordi intimi e
personali di una Torino e di un Piemonte, con gustosi squarci “fuori”,
che toccano dagli anni Trenta ai Novanta, a oggi, a comporre un
mosaico dai colori vivaci, mai esaustivo ma stimolante.
(GERMANA,
REGISTRATA:)
Il progetto è parso bello a me, alla mia famiglia e alle
persone alle quali l’abbiamo sottoposto, sia in forma istituzionale
che privata, tuttavia ci è mancato per parecchio tempo il
“la” per sintetizzare la mole impressionante di materiale.
Ci voleva un piccolo miracolo. Ed ecco che, come in tutte le leggende
che si rispettino, sommerso in un cassetto, ritrovai un testo scritto
nella sicura e sinuosa calligrafia di mia madre Elda. Come a dire,
“Giuseppe Erba nella pancia della balena”…
s’ha da fare!.
E, come avrete modo di scoprire più avanti, a mia madre,
sergente dal cuore grande, o si dice di sì o si dice di sì.
Sono due pagine, incise a matita su due fogli di carta verde, il
verde di un prato d’erba, neanche a farlo apposta, inondati
di parole, senza respiro, come sotto la dettatura convinta di qualcuno,
direi il nostro protagonista. Eccone qualche stralcio: “Torino,
7 agosto1916 nasce Giuseppe Erba. Figlio di Carlo Ernesto e di Amalia
Ansaldi, trascorre la prima infanzia in corso Valentino 31 bis”.
A voler mettere di mezzo la numerologia, nella sua vita torneranno
il Valentino con l’amato fiume e il parco e tornerà
il 31 bis, nientemeno che il numero civico di via Colombo, topos
ideale per una delle sue imprese, cofirmate con l’inarrestabile
geometra Donisotti e l’esercente cinematografico Bruno Ventavoli:
il Cinema (oggi Teatro e Cinema) Gioiello.
“Il papà, Carlo Ernesto”, lavora all’Orto
Botanico di Torino e la mamma Amalia aiuta il nonno nel commercio
di vini e carboni. Più tardi, Ernesto Erba impianta un’azienda
vivaistica e coinvolge il figlio Giuseppe.
Causa un incidente di percorso matrimoniale tra i suoi genitori,
Giuseppe fu messo in collegio, alla Scuola di Agricoltura dell’Istituto
salesiano di Lombriasco.
(ACAMPA/ERBA GIOVANE
– SENTIAMO SOLO LA VOCE, REGISTRATA)
Lombriasco,
15 marzo
Cara mamma,
sono sul crinale della collina, osservo i campi pettinati, i filari
di uva, sento lontano il vociare dei tacchini nel cortile. Alcuni
compagni giocano a calcio. Mi piace guardarli da quassù,
da dove ti sto scrivendo. Giovannino ha lo scatto del grande Valentino.
Chissà che qualcuno non faccia davvero il calciatore da grande
con la maglia granata, naturalmente!
Don Acchiardo è un po’ un genio, spiega le cose bene
e lo capisco. Per il resto, le lezioni sono dure, soprattutto don
Sandro è inflessibile e, come sai, non mi piace stare troppo
sui libri, come fanno altri ragazzi. Mi piace di più dare
una mano nell’orto e girare per il verde intorno alla scuola.
Quel che più amo è scrutare questo crinale e le colline
intorno. Immagino che le nuvole possano realizzare i miei sogni
di viaggio. Sai, mamma, voglio vedere il mondo, scoprire i giardini
più belli, anche quelli lontani. Ti ricordi quella bella
stampa con il monte Fuji, che abbiamo visto a casa della signora
Luisa? Quella con il cielo blu elettrico, le nuvole a pecorelle
e, maestoso, il monte rosso striato di neve, appena appena, sulla
cima. Ecco, mi ricordo quegli alberi perfetti e penso ai ciliegi
che metterei ai piedi del Fuji e anche nei giardini veri. Le giornate
sono lunghe; mi trovo bene coi compagni ma non è come essere
a casa con te. Forse questo mi servirà, nel mio futuro, per
imparare ad affrontare la vita, con tutte le difficoltà.
Come mi mancano i tuoi manicaretti! Qui la bistecca del lunedi’
si trasforma nello spezzatino con patate del martedì, nella
gommosa polpettina del mercoledì’ fino a diventare
sospettoso canottino galleggiante nel brodo del giorno dopo. Non
fu mai cosi’ apprezzato il venerdi’ “di magro”.
In compenso, le patate sono proprio buone e non ce le fanno mancare…
peccato che chi si comporta male debba anche pelarsele a quintali!
(GERMANA, REGISTRATA:)
Ultimata la formazione a Lombriasco, Giuseppe si divideva tra il
lavoro dei giardini e gli studi serali di ragioneria e si dedicava
anche allo sport.
A vent’anni, partì militare di leva. Al suo ritorno
conobbe la bella Elda e si sposò. Fatalmente, iniziò
la guerra e Giuseppe fu richiamato quasi subito per restare vincolato
fino alla fine del conflitto, facendo parte delle formazioni partigiane,
fino alla “liberazione”. Al termine della guerra, il
suo destino sarebbe stato fortemente legato al cinema, con l’Alpi,
il Fortino, il San Paolo…
2. Quando le
sale cinematografiche erano piene
(ANGIONE
CONDUTTORE, DAL VIVO:)
Quando le sale cinematografiche erano piene…
Accantoniamo per un attimo i fogli ritrovati per immergerci nel
cinema di quegli anni e diamo la parola a chi può descriverne
autorevolmente l’atmosfera, Lorenzo Ventavoli (nel testo Fin
che c’è gioventù, edita dal Museo
Nazionale del Cinema): “Era stupendo. Alle
2 la domenica c’era già fuori la coda. Per la verità
in Italia non ci si è mai messi in coda. C’era una
massa di persone che premevano, soprattutto ragazzini, e poi famiglie
che entravano alle 2 e che si doveva quasi cacciare fuori molte
ore dopo. Le sale erano piene, c’era tanta gente, se non arrivavi
per primo non ti sedevi, stavi in piedi nei corridoi, in fondo,
stavi addirittura in piedi fuori della sala, c’era gente che
vedeva mezzo film”.
Dal cinema, al teatro. Si occupò di sale teatrali a Genova
quali il Margherita e il Verdi, a Novara quali il Faraggiana e il
Coccia… fino al Teatro Alfieri di Torino.
Con Vittorio Gassman fondò il Teatro Popolare Italiano. Il
Comune di Torino lo chiamò per l’incarico di Sovrintendente
al Teatro Regio, dove restò “finchè
la salute me lo permise, per oltre 15 anni”. Il
Regio fu inaugurato il 10 aprile 1973 alla presenza del Presidente
della Repubblica Leone e signora.
Nella sua carriera, Erba ebbe diversi riconoscimenti, di Cavaliere
del Lavoro per esempio e incarichi, fra cui la partecipazione alla
Commissione Italiana Ministeriale della Cultura… l’elenco
sarebbe impressionante.
(GERMANA,
REGISTRATA:)
Le mitiche pagine verdi prato, solcate dalla grafia di mia madre,
dopo aver svolazzato qua e là tra le pieghe della vita di
Erba, si interrompono. Immagino facilmente la scena, anche perché
le ultime parole sono scritte di sfuggita. Mia madre con il lapis
perfettamente temperato, con il coltello -perché il temperino
le matite le rovina-, e il risultato non è paragonabile,
che ascolta attenta la narrazione di Giuseppe e solca la carta mentre
lui freme per vedere il mare che oggi ha tutta l’aria di volersi
increspare un po’, coccolato da un vento caldo…
Lei insiste diligentemente per continuare ma lui trova il modo di
persuaderla –forse cantandole un pezzo d’operetta- a
uscire per la promenade...
E, siccome, come mi ha insegnato mia madre, le cose iniziate vanno
portate a termine, eccoci qua.
3. Granata “quattro con”: la passione
sportiva
(FOTO DI ERBA MOTOCICLISTA
E INGRESSO DI ACAMPA/ERBA GIOVANE)
Sentire il “vento nei capelli e la strada attaccata al culo”…
nient’altro per riassumere la soddisfazione che provi quando
ti senti una cosa sola con una motocicletta che va…
E dire che di strade ne ho percorse durante il servizio militare
e la Resistenza! E non certo asfaltate come ora! sempre su e giù
per colline e montagne del Piemonte con buchi grandi così,
con bello e cattivo tempo, con la pioggia che ti infradicia fino
alle ossa e gli occhi che quasi non riesci più ad aprirli
per l’acqua! Insomma, motocross, ma con una moto da strada.
Come automobilista mi dicevano che avevo fiuto alla guida, anche
nelle situazioni più difficili. Mi sono prestato con piacere
come autista per la Fiat, a scopo dimostrativo, in occasione del
lancio della 750, su strade impervie, attraversando addirittura
un fiume…
Ho sempre amato uscire in barca. Ho amato il Po, con la brezza che
ti avvolge dopo le prime vogate, guardare i ponti dal di sotto e
spingersi fin dove la vegetazione non lasciava più scorgere
nulla della città. Amavo lasciarmi andare nei pensieri al
ritmo dei tonfi delle voghe nell’acqua. Facevo anche sempre
lo stesso errore: tirare troppo di braccia per sentire i muscoli
gonfiarsi fin quasi a scoppiare, anche quella volta che, anticipando
troppo il movimento, pensando a dove sistemare le magnolie nel giardino
della signora Vannini, sentii un remo che mi scivolava fin quasi
dietro la schiena e caddi nel Po, riuscendo poi a risalire da solo
in barca. Che rabbia! Ricordo anche quando il fiume divenne triste,
gonfio di cadaveri. Erano i primi mesi del 1945 e il silenzio disperato
di una guerra finita male sembrava voluto dallo stesso fiume. Come
erano lontani gli spensierati urletti dei bambini gitanti sulle
sponde del fiume! E le belle nuotate delle famigliole in festa!
Tifoso super per il Torino, da giovane seguivo gli allenamenti e
la domenica andavo in tandem con mia moglie alla partita.
(VOCE DI DONNA/MICOL:)
Granata? Si sarebbe divertito a gustarsi un brano del fortunato
Granata da legare del tifoso sfegatato e giornalista Massimo Gramellini
che racconta di Gramellini stesso bambino, a scuola. La maestra
chiese chi aveva costruito la Basilica di Superga e lui rispose:
“L’ha costruita Juvarra, un architetto gobbo con quel
cognome che comincia per Juv, in modo che l’aereo del Toro
ci cascasse addosso…”. E Giuseppe, che era un duro,
quando gli capitava di andare a Superga la commozione la sentiva
sottopelle, come se provasse il gramelliniano orgoglio di “appartenere
alla squadra per cui tifano gli angeli”.
IL TESTO E L’AVVENTURA
PROSEGUONO… IN TEATRO!
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