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10 marzo ore 21 al Teatro Erba di Torino
Torino, C. Moncalieri 241 - tel. 011 6615447 - info@torinospettacoli.it
Per il bicentenario della nascita di L. Braille, l'ingresso è offerto dall'Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti, sezione provinciale di Torino, fino a esaurimento posti riservati all'inizaitiva. Per ritirare i ticket omaggio, contattare l'Uic: tel. 011/535567. Biglietti a pagamento e ingressi su abbonamento in vendita presso le biglietterie Torino Spettacoli (Erba, Alfieri e Gioiello).
Compagnia Torino Spettacoli
Giuseppe Erba
nella pancia della balena

di Germana Erba e Irene Mesturino


1. Prologo!
(PEZZO REGISTRATO GERMANA E NIPOTINO):
“Giuseppe Erba… Erba come il Teatro?
A interrogarmi è uno dei miei terribili nipotini… “Sì, il teatro l’ha creato lui”
“Chi era?”
“Era il mio papà”
“E come è finito nella pancia di una balena?”
La domanda è legittima, penso. “E’ una lunga storia…”
“Raccontamela, nonna, dài”

(ANGIONE CONDUTTORE, DAL VIVO:)
Raccontare di Giuseppe Erba è piuttosto naturale. Si parla facilmente delle cose divertenti o sorprendenti. Noi di cose curiose ne sappiamo tante. Chi siamo? Figlia, genero, nipoti, amici, operatori del teatro e del cinema, giornalisti, critici e artisti… E’ sorprendente quanto la figura di Erba sia attuale. Forse perché la sua intraprendenza sarebbe di nuovo utilissima, fors’anche perché alcuni succosi frutti della sua creativa tenacia sono sotto gli occhi di tutti: il Teatro Regio, l’Alfieri, l’Erba, che egli costruì o contribuì a ricostruire dal Dopoguerra in poi…
Ma andiamo con disordinato entusiasmo.

(BARBI CONDUTTORE, DAL VIVO)
Erba s’invaghì dei panorami mozzafiato di acque setose e luci infinite e creò in Costa Azzurra… una fabbrica di grissini. Sì, avete sentito bene, di grissini! La leggenda racconta che a essere chiamati coi cognomi ispirati a fiori e piante fossero gli orfanelli, cuccioletti battezzati “Fiore” o, perché no?, “Erba”…
Che nonno può essere un dongiovanni impenitente, un uomo capace di comprare una balena -vera- e di farne un’attrazione in tutte le piazze d’Italia? o di creare un teatro tenda da giro che poi, di fatto, non gira. Non gira? No problem, può essere utile altrove… che so? al Cairo!

(ANGIONE CONDUTTORE, DAL VIVO:)
Parlare di lui vuol dire parlare della ricostruzione dopo il secondo grande conflitto, vuol dire parlare di una persona che sapeva ridere davanti ai pagliacci del circo, emozionarsi ascoltando Verdi, portare l’Ente pubblico al pareggio, partire e raggiungere i 2000 metri in auto per poi concedersi un pic nic, con rigorose posate d’argento, però…
Riportare alla luce La figura di Giuseppe Erba e’ un pretesto nobile per stilare godibili cronache mondane e ricordi intimi e personali di una Torino e di un Piemonte, con gustosi squarci “fuori”, che toccano dagli anni Trenta ai Novanta, a oggi, a comporre un mosaico dai colori vivaci, mai esaustivo ma stimolante.

(GERMANA, REGISTRATA:)
Il progetto è parso bello a me, alla mia famiglia e alle persone alle quali l’abbiamo sottoposto, sia in forma istituzionale che privata, tuttavia ci è mancato per parecchio tempo il “la” per sintetizzare la mole impressionante di materiale.
Ci voleva un piccolo miracolo. Ed ecco che, come in tutte le leggende che si rispettino, sommerso in un cassetto, ritrovai un testo scritto nella sicura e sinuosa calligrafia di mia madre Elda. Come a dire, “Giuseppe Erba nella pancia della balena”… s’ha da fare!.
E, come avrete modo di scoprire più avanti, a mia madre, sergente dal cuore grande, o si dice di sì o si dice di sì. Sono due pagine, incise a matita su due fogli di carta verde, il verde di un prato d’erba, neanche a farlo apposta, inondati di parole, senza respiro, come sotto la dettatura convinta di qualcuno, direi il nostro protagonista. Eccone qualche stralcio: “Torino, 7 agosto1916 nasce Giuseppe Erba. Figlio di Carlo Ernesto e di Amalia Ansaldi, trascorre la prima infanzia in corso Valentino 31 bis”. A voler mettere di mezzo la numerologia, nella sua vita torneranno il Valentino con l’amato fiume e il parco e tornerà il 31 bis, nientemeno che il numero civico di via Colombo, topos ideale per una delle sue imprese, cofirmate con l’inarrestabile geometra Donisotti e l’esercente cinematografico Bruno Ventavoli: il Cinema (oggi Teatro e Cinema) Gioiello.
“Il papà, Carlo Ernesto”, lavora all’Orto Botanico di Torino e la mamma Amalia aiuta il nonno nel commercio di vini e carboni. Più tardi, Ernesto Erba impianta un’azienda vivaistica e coinvolge il figlio Giuseppe.
Causa un incidente di percorso matrimoniale tra i suoi genitori, Giuseppe fu messo in collegio, alla Scuola di Agricoltura dell’Istituto salesiano di Lombriasco.

(ACAMPA/ERBA GIOVANE – SENTIAMO SOLO LA VOCE, REGISTRATA)

Lombriasco, 15 marzo

Cara mamma,
sono sul crinale della collina, osservo i campi pettinati, i filari di uva, sento lontano il vociare dei tacchini nel cortile. Alcuni compagni giocano a calcio. Mi piace guardarli da quassù, da dove ti sto scrivendo. Giovannino ha lo scatto del grande Valentino. Chissà che qualcuno non faccia davvero il calciatore da grande con la maglia granata, naturalmente!
Don Acchiardo è un po’ un genio, spiega le cose bene e lo capisco. Per il resto, le lezioni sono dure, soprattutto don Sandro è inflessibile e, come sai, non mi piace stare troppo sui libri, come fanno altri ragazzi. Mi piace di più dare una mano nell’orto e girare per il verde intorno alla scuola. Quel che più amo è scrutare questo crinale e le colline intorno. Immagino che le nuvole possano realizzare i miei sogni di viaggio. Sai, mamma, voglio vedere il mondo, scoprire i giardini più belli, anche quelli lontani. Ti ricordi quella bella stampa con il monte Fuji, che abbiamo visto a casa della signora Luisa? Quella con il cielo blu elettrico, le nuvole a pecorelle e, maestoso, il monte rosso striato di neve, appena appena, sulla cima. Ecco, mi ricordo quegli alberi perfetti e penso ai ciliegi che metterei ai piedi del Fuji e anche nei giardini veri. Le giornate sono lunghe; mi trovo bene coi compagni ma non è come essere a casa con te. Forse questo mi servirà, nel mio futuro, per imparare ad affrontare la vita, con tutte le difficoltà. Come mi mancano i tuoi manicaretti! Qui la bistecca del lunedi’ si trasforma nello spezzatino con patate del martedì, nella gommosa polpettina del mercoledì’ fino a diventare sospettoso canottino galleggiante nel brodo del giorno dopo. Non fu mai cosi’ apprezzato il venerdi’ “di magro”. In compenso, le patate sono proprio buone e non ce le fanno mancare… peccato che chi si comporta male debba anche pelarsele a quintali!

(GERMANA, REGISTRATA:)
Ultimata la formazione a Lombriasco, Giuseppe si divideva tra il lavoro dei giardini e gli studi serali di ragioneria e si dedicava anche allo sport.
A vent’anni, partì militare di leva. Al suo ritorno conobbe la bella Elda e si sposò. Fatalmente, iniziò la guerra e Giuseppe fu richiamato quasi subito per restare vincolato fino alla fine del conflitto, facendo parte delle formazioni partigiane, fino alla “liberazione”. Al termine della guerra, il suo destino sarebbe stato fortemente legato al cinema, con l’Alpi, il Fortino, il San Paolo…

2. Quando le sale cinematografiche erano piene

(ANGIONE CONDUTTORE, DAL VIVO:)
Quando le sale cinematografiche erano piene…
Accantoniamo per un attimo i fogli ritrovati per immergerci nel cinema di quegli anni e diamo la parola a chi può descriverne autorevolmente l’atmosfera, Lorenzo Ventavoli (nel testo Fin che c’è gioventù, edita dal Museo Nazionale del Cinema): “Era stupendo. Alle 2 la domenica c’era già fuori la coda. Per la verità in Italia non ci si è mai messi in coda. C’era una massa di persone che premevano, soprattutto ragazzini, e poi famiglie che entravano alle 2 e che si doveva quasi cacciare fuori molte ore dopo. Le sale erano piene, c’era tanta gente, se non arrivavi per primo non ti sedevi, stavi in piedi nei corridoi, in fondo, stavi addirittura in piedi fuori della sala, c’era gente che vedeva mezzo film”.
Dal cinema, al teatro. Si occupò di sale teatrali a Genova quali il Margherita e il Verdi, a Novara quali il Faraggiana e il Coccia… fino al Teatro Alfieri di Torino.
Con Vittorio Gassman fondò il Teatro Popolare Italiano. Il Comune di Torino lo chiamò per l’incarico di Sovrintendente al Teatro Regio, dove restò “finchè la salute me lo permise, per oltre 15 anni”. Il Regio fu inaugurato il 10 aprile 1973 alla presenza del Presidente della Repubblica Leone e signora.
Nella sua carriera, Erba ebbe diversi riconoscimenti, di Cavaliere del Lavoro per esempio e incarichi, fra cui la partecipazione alla Commissione Italiana Ministeriale della Cultura… l’elenco sarebbe impressionante.

(GERMANA, REGISTRATA:)
Le mitiche pagine verdi prato, solcate dalla grafia di mia madre, dopo aver svolazzato qua e là tra le pieghe della vita di Erba, si interrompono. Immagino facilmente la scena, anche perché le ultime parole sono scritte di sfuggita. Mia madre con il lapis perfettamente temperato, con il coltello -perché il temperino le matite le rovina-, e il risultato non è paragonabile, che ascolta attenta la narrazione di Giuseppe e solca la carta mentre lui freme per vedere il mare che oggi ha tutta l’aria di volersi increspare un po’, coccolato da un vento caldo…
Lei insiste diligentemente per continuare ma lui trova il modo di persuaderla –forse cantandole un pezzo d’operetta- a uscire per la promenade...
E, siccome, come mi ha insegnato mia madre, le cose iniziate vanno portate a termine, eccoci qua.


3. Granata “quattro con”: la passione sportiva

(FOTO DI ERBA MOTOCICLISTA E INGRESSO DI ACAMPA/ERBA GIOVANE)
Sentire il “vento nei capelli e la strada attaccata al culo”… nient’altro per riassumere la soddisfazione che provi quando ti senti una cosa sola con una motocicletta che va…
E dire che di strade ne ho percorse durante il servizio militare e la Resistenza! E non certo asfaltate come ora! sempre su e giù per colline e montagne del Piemonte con buchi grandi così, con bello e cattivo tempo, con la pioggia che ti infradicia fino alle ossa e gli occhi che quasi non riesci più ad aprirli per l’acqua! Insomma, motocross, ma con una moto da strada.
Come automobilista mi dicevano che avevo fiuto alla guida, anche nelle situazioni più difficili. Mi sono prestato con piacere come autista per la Fiat, a scopo dimostrativo, in occasione del lancio della 750, su strade impervie, attraversando addirittura un fiume…
Ho sempre amato uscire in barca. Ho amato il Po, con la brezza che ti avvolge dopo le prime vogate, guardare i ponti dal di sotto e spingersi fin dove la vegetazione non lasciava più scorgere nulla della città. Amavo lasciarmi andare nei pensieri al ritmo dei tonfi delle voghe nell’acqua. Facevo anche sempre lo stesso errore: tirare troppo di braccia per sentire i muscoli gonfiarsi fin quasi a scoppiare, anche quella volta che, anticipando troppo il movimento, pensando a dove sistemare le magnolie nel giardino della signora Vannini, sentii un remo che mi scivolava fin quasi dietro la schiena e caddi nel Po, riuscendo poi a risalire da solo in barca. Che rabbia! Ricordo anche quando il fiume divenne triste, gonfio di cadaveri. Erano i primi mesi del 1945 e il silenzio disperato di una guerra finita male sembrava voluto dallo stesso fiume. Come erano lontani gli spensierati urletti dei bambini gitanti sulle sponde del fiume! E le belle nuotate delle famigliole in festa!
Tifoso super per il Torino, da giovane seguivo gli allenamenti e la domenica andavo in tandem con mia moglie alla partita.

(VOCE DI DONNA/MICOL:)
Granata? Si sarebbe divertito a gustarsi un brano del fortunato Granata da legare del tifoso sfegatato e giornalista Massimo Gramellini che racconta di Gramellini stesso bambino, a scuola. La maestra chiese chi aveva costruito la Basilica di Superga e lui rispose: “L’ha costruita Juvarra, un architetto gobbo con quel cognome che comincia per Juv, in modo che l’aereo del Toro ci cascasse addosso…”. E Giuseppe, che era un duro, quando gli capitava di andare a Superga la commozione la sentiva sottopelle, come se provasse il gramelliniano orgoglio di “appartenere alla squadra per cui tifano gli angeli”.


IL TESTO E L’AVVENTURA
PROSEGUONO… IN TEATRO!

web master: Maria Elena Arcangeletti